<< Non appare possibile sottrarsi apertamente al lutto condiviso in un momento di tale emergenza. “[…] Chi non sente come tale questo drammatico avvenimento è fuori dalla democrazia”. Manifestare questa solidarietà, manifestare anche questa partecipazione emotiva diventa, in questo ambito, un dovere civico. L’ indifferenza è sospetta. L’ emozione non è da inquadrare come una manifestazione “naturale” o istintiva, ma come una costruzione collettiva.>> (B. Riccardo, M.C. Giovanni, M. Michele, P. Guido, T. Ermanno 2021, 238)
Questa sono le parole usate per descrivere la società italiana in uno dei suoi momenti più critici, durante l’assassinio di Aldo Moro avvenuto il 9 maggio 1978. Parole che descrivono un evento lontano nel tempo e relative ad una situazione profondamente diversa rispetto all’avvenuta alluvione in Emilia-Romagna. Nonostante la lontananza temporale e la diversità dei contesti socio-economici, che caratterizzano questi due eventi, la descrizione, di cui sopra, è utile per comprendere meglio il profondo impatto che l’alluvione in Emilia-Romagna ha avuto sulle dinamiche sociali della nostra comunità.
Appunti per una sociologia dell’alluvione in Emilia-Romagna
Com’è possibile che due tragedie tanto diverse fra loro scatenino comportamenti e sensazioni simili? Come si spiega la presenza contemporanea di migliaia di volontari di ogni età poche ore la fine del disastro? Per poter spiegare serve, innanzitutto, individuare un punto in comune: la paura. Infatti Pierre Mannoni (filosofo e psicologo francese) parla di una <<funzione associativa della paura>> (P. Mannoni 1982, 114) da cui scaturisce una richiesta collettiva di ricostruzione di una unità. Quindi la partecipazione e la solidarietà vengono intese come mezzi che servono a scongiurare il rischio di distruzione della comunità stessa.
Questo effetto è tanto più forte quanto l’evento è mirato, cioè quanto l’assegnazione di senso è evidente. In altre parole quanto un evento è più esplicito tanto la risposta sarà immediata e di grande ampiezza. Questa assegnazione di senso è stata facilitata dagli stessi mezzi di comunicazione, nel 78’ radio e televisione annunciarono il rapimento quasi in diretta, insieme i resoconti dei quotidiani e la routine stessa delle persone, che venne duramente sconvolta, resero l’idea dell’eccezionalità dell’evento.
Dinamiche comunicative potenziate per l’alluvione in Emilia-Romagna
Stessa dinamiche riscontrate oggi, anzi, semmai potenziate e amplificate dai nuovi mezzi di comunicazione. Il cittadino non ha più bisogno dell’intermediario classico per sapere cosa accade. Basta che acceda ad Instagram per guardare le storie dei suoi amici o conoscenti che, di fatto, diventano una fonte di informazione senza filtri, spontanea e affidabile. Permettendo a chiunque di poter tenere sotto controllo, quasi costantemente, l’evolversi della situazione. Il semplice cittadino si improvvisa reporter filmando quello che gli accade in torno.
Situazione potenzialmente pericolosa dato che molti si spostano, apposta, nei luoghi più colpiti per filmare la situazione o per semplice curiosità. Dinamica che, per esempio, ha portato, più volte, il comune di Cesena a comunicare di non recarsi nei punti più critici e di evitare spostamenti se non strettamente necessari. Grazie alla facilità di condivisione delle informazioni anche chi non ha account social può ricevere video o messaggi dai propri amici. Volente o nolente la gran parte della popolazione era informata su quello che stava accadendo. Questo sapere diffuso, capillare, ha permesso una costruzione collettiva di un senso di solidarietà, partecipazione e paura che appare evidente dagli stessi comportamenti dei singoli cittadini.
Il dovere civico dei volontari
In queste settimane la maggior parte dei volontari, ma anche le stesse pagine social del comune e non solo, hanno aiutato a trasmettere quel senso di drammaticità, solidarietà e importanza tramite, anche, semplici storie Instagram o post sui propri profili social. Trasformando l’atto dell’aiutare in un vero e proprio dovere civico. Migliaia di persone comuni che si immortalano sporche di fango fino ai capelli creando altrettanti contenuti pubblici, accessibili da chiunque, hanno contribuito a generare una pressione sociale fortissima verso coloro che non erano scesi nelle strade a spalare o a fornire un qualche tipo di aiuto.
Probabilmente qualcuno che, per un motivo qualsiasi, non ha aiutato si sarà sentito in colpa oppure escluso. Molti altri, invece, saranno stati convinti a dare un contributo grazie, proprio, a questa costruzione collettiva. In altre parole con costruzione collettiva si intende quel fenomeno, spesso criticato, chiamato conformismo o apprendimento sociale che, in questo caso, a livello pragmatico, ha avuto il merito di spronare più persone ad aiutare.
Alluvione in Emilia-Romagna: fra morale e pragmatismo
Una questione che vorrei affrontare qui è di natura etico morale. Mostrare pubblicamente, attraverso i profili social, il proprio aiuto, viene spesso criticato. Una parte sostiene che l’azione resa pubblica sia meno pura, meno morale poiché lo ritengono un modo per vantarsi, per far vedere che si sta facendo del bene e, di conseguenza, sentirsi moralmente superiori. Altri ancora sostengono che aiutare sia un’azione personale, privata, che non trova valore nell’ essere mostrata.
La fai perché fa bene a te oltre, ovviamente, a chi aiuti. Lo stesso Kant sostiene che per rendere moralmente buona la volontà, deve corrispondere al puro rispetto del dovere e non il suo rispetto in vista di qualche altra cosa, come la speranza di un premio o il timore di un castigo. In altri termini, se io lego l’azione, o non azione, a delle ricompense o sanzioni l’azione, o non azione, non è definibile morale.
Riflessioni personali
Personalmente concordo su questa visione e anche sul fatto che rendere pubblica la propria azione possa esporre a quel tipo di critica ma non posso non vedere anche il valore sociale o politico del mostrare che si sta aiutando. Infatti esponendosi si contribuisce a creare quella rete di conformismo che poi, a livello pragmatico, ha un effetto indubbiamente positivo soprattutto in situazioni di emergenza totale come quella che abbiamo vissuto.
La morale abdica di fronte all’ impatto della tua azione sulla società, che tu lo faccia per apparire, vantarti o per qualsiasi altro motivo la tua azione avrà effetti positivi perché stai effettivamente cooperando e allo stesso tempo convinci anche altri a dare una mano. Non sto dicendo che tutti quelli che pubblicano lo fanno per vantarsi e neanche il contrario. Sicuramente qualcuno ha aiutato perché non voleva sentirsi escluso e non perché lo volesse ma, alla fine, sono problemi suoi. A noi la sua motivazione non può danneggiare. L’ importante era essere lì, a liberare le case dal fango dove, anche solo una persona in più, faceva la differenza.
Giulio Tonti
Bibliografia
- Archivio della Presidenza, Quirinale, quaderni di documentazione, n.s.,13, Roma.
- B. Riccardo, M.C. Giovanni, M. Michele, P. Guido, T. Ermanno (a cura di) 2021, L’ Italia del terrorismo: partiti, istituzioni e società, Carrocci editore, Roma.
- P. Mannoni 1982, La peur, Presses universitaires de France, Paris.